Con una foto nella neve
L’avevo guardata tanto, quella fotografia. Me l’aveva mandata per posta Giovanna, che a quasi novant’anni raccontava ancora con passione la storia dello zio che non aveva mai conosciuto. Bruttina, per la verità, come foto: una piccola stampa in bianco e nero, con due militari seduti sull’erba e il portico di una malga alle loro spalle. Il luogo non era indicato, ma sapevo che quello a sinistra, con il volto chino e invisibile, era Carlo Stuparich, in servizio sui Monti Lessini nel 1915, come lo descrive il fratello Giani nel racconto La strada di Podestaria.
E così, un primo di gennaio silenzioso e limpido, eccomi con i miei vecchi sci da fondo sulla distesa bianca dell’altipiano. Ho in tasca la foto, e in testa una vaga idea di quel minuscolo paesaggio che si distingue sullo sfondo: un angolo familiare, che mi è sembrato più volte di riconoscere. Ma dove, esattamente? Stavolta la pista è quella giusta, e mi porta a malga Brancon, nel cuore degli alti pascoli. Mi tolgo gli sci, tiro fuori la foto e guardo: sì, tutto combacia, il luogo è questo. Giovanna sarà contenta, quando le racconterò al telefono il mio piccolo pellegrinaggio.
Carlo Stuparich, morto nella Grande Guerra, aveva fatto tempo ad amarlo, il paesaggio dei Lessini. Seduto sul prato, guardava «un boschetto di pini circoscritto di muriccioli bianchi» che gli ricordava la «natura carsica» di un altro altopiano, quello che circonda la sua Trieste. E io, quasi un secolo dopo, sono nella stessa prospettiva dei suoi occhi: quassù tante nevi sono cadute, poche cose sono cambiate. È una storia che merita di essere narrata, anzi raccolta in un libro: con le lettere di Carlo mandato qui per costruire la strada, con il racconto di Giani venuto nel 1937 sulle orme del fratello, con qualche scarna notizia su queste montagne marginali eppure non prive di fascino. Sarà il primo libro pubblicato da un’associazione di amici, che si chiamerà alba pratalia.