La Madonnina cimbra
La Madonnina della deposizione ti guarda un po’imbronciata, con gli occhi cerulei e la bocca chiusa in un dolore che è anche rabbia trattenuta. Ha gli zigomi sporgenti e una mascella forte, assomiglia a qualche viso che si può ancora incontrare in Lessinia. Viene da un raccoglitore della valle d’Illasi che la teneva in una angoliera nel suo magazzino, quasi a proteggerla dopo averla trovata in qualche chiesa abbandonata o in disuso in qualche sacrestia, magari sostituita da una sorella più nuova e più grande, meno povera. Anche il Cristo morto che ha sulle ginocchia è davvero un “povero cristo”: rigido come un pupazzo con le braccia dritte, tutto segnato di frustate, con la corona di spine e gli occhi chiusi, solo il perizoma azzurro e il suo colorito ancora roseo lo rendono meno tetro e un po’ meno morto.
Ma il vestito della Madonnina è fatto di un fitto cotone color bruno, orlato di broderie dorate, con un largo mantello azzurro doppiamente bordato, completato da un velo a sciarpa in filet, e sfoggia sul petto cinque piccoli gioielli antichi, messi come ex voto da mani femminili. Una piccola spilla in similoro con pietra rossa, un paio di orecchini con pietra bianca, una spilla con perline veneziane colorate, un orecchino singolo d’oro. Poche cose piene però di devozione, fosse anche solo come gesto apotropaico, che fanno la storia antropologica e folklorica di questo oggetto votivo, potente semioforo di fede, coraggio, speranza. Alzando la larga gonna, come si fa con le bambole , si scopre, sotto una ulteriore sottogonna in organza ricamata, un numero pirografato sullo zoccolo ligneo, la data del 1877.
Francesco Bletzo